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Sacro Fuoco di Sant’Antonio: l’antica fiamma brilla a Bagnaia

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Viterbo – Briose scintille rosse sfiorano le inarrivabili punta merlate della torre dell’orologio di Bagnaia e colorano l’aria buia, rotta da grida di feste, musica, balli in piazza. È la notte di Sant’Antonio Abate, e sotto la torre, un antico rituale  si riaffaccia per riunire la popolazione intorno a un simbolo primordiale: l’accensione del Sacro Fuoco. I tempi cambiano, ma alcune cose non lo faranno mai. E così, rendendo onore a un’usanza patrimonio già delle comunità arcaiche, torna a brillare il grande rogo sacro, una volta acceso nelle campagne, ora nelle piazze delle città che, sotto il volto più moderno, si riuniscono al loro passato più profondo. Ed è motivo di compiacimento che a portare avanti queste pratiche che identificano le radici di un popolo, sia proprio un gruppo numeroso di giovanissimi, i componenti del Comitato Sacro Fuoco di Sant’Antonio che, spenta l’ultima fiamma stamattina, a breve saranno già di nuovo a lavoro nei boschi e nelle campagne a fare legna per il “focarone” dell’anno prossimo. È stupefacente vedere quanta forza possa nascondersi dentro un gesto così semplice come quello di accendere un fuoco, tale da tendere un filo capace di legare non solo i ragazzi del gruppo, ma un’intera comunità, da una generazione all’altra. La catasta, formata da più di 500 quintali di legna, alta circa cinque metri, era già pronta in piazza da diversi giorni. Ieri l’accensione alle 18,30 dopo l’esibizione del gruppo musici e sbandieratori del comitato Centro Storico. Euforia alle stelle tra i “Focaroli”  che hanno aspettato un anno per vedere il presidente, Luca Ceccarelli, accendere la piramide di legno con un lungo bastone con uno stoppino in cima. Una concentrazione così alta di emozione che al momento di dare fuoco alla legna ci si accorge di non avere l’accendino. Lo sconcerto dura solo qualche secondo, e il fondamentale oggetto esce fuori. Il presidente entra appena all’interno dell’apertura alla base della piramide di legna con il lungo bastone acceso e il Fuoco prende vita in piazza XX Settembre, straordinariamente affollata, complice anche il tempo clemente. I ragazzi improvvisano caroselli, saltano, si abbracciano e fanno muro di fronte al fuoco che sta diventando sempre più gigantesco al grido di “Brucia! Brucia! Brucia!” E il fuoco non se lo fa ripetere. In pochi minuti le fiamme si alzano verso l’alto e divorano la grande montagna di legna. Un imponente massa di fumo si rivolta su se stessa, disegnando in aria una scultorea nube grigia che, trasportata dal vento si abbatte sulla folla. Le persone si allontanano, alcune cercano riparo in una delle due chiese della piazza, San Giovanni e Sant’Antonio, ma appena la nuvola si allontana, tornano a far festa intorno al fuoco. Dal palco inizia la musica e la notte entra nel vivo dei festeggiamenti. Intorno numerosi tavoli in legno dove consumare una cena tipica preparata negli stand allestiti.  Prima di accendere il Focarone la benedizione del vescovo. “Quando ci si mette insieme – ha detto monsignor Lino Fumagalli – siamo in grado di fare cose belle e importanti, ma soprattutto esprimere un forte senso di aggregazione e di appartenenza. Vorrei che intorno a questo fuoco l’intera comunità di Bagnaia  si sentisse unita e solidale. Abbiamo bisogno che ciascuno si faccia carico degli altri per il bene di tutta la collettività. Con questo impegno solidale avremo una comunità e una Chiesa migliore. Che il fuoco ci aiuti a realizzarlo”.

 

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.