Home Cultura Il Salvatore, la casa del popolo e il ritorno alla natura.

Il Salvatore, la casa del popolo e il ritorno alla natura.

0
0

Viterbo – Sono il simbolo del lavoro che un tempo legava l’uomo alla terra. Una coppia di maestosi buoi è l’elemento che caratterizza la processione del Santissimo Salvatore che come da tradizione ieri ha percorso le strade di Viterbo, per un pomeriggio calata nel Medioevo. Questi due animali legati all’attività della campagna, hanno anche un ruolo di primo piano nel ritrovamento dell’immagine del Salvatore a cui è dedicata la chiesa di Santa Maria Nuova e la processione. L’episodio è raccontato proprio nelle mattonelle dell’edificio sacro, dove è dipinto il bifolco con la cerata che stimola i buoi. Furono questi, nel marzo 1283, in un campo situato in contrada Chirichera, a ritrovare un sarcofago di pietra sepolto, contenente l’immagine del Salvatore che fu trasportata nella chiesa di Santa Maria Nuova, dove attualmente si trova una copia dell’originale, conservato  in Laterano e risalente al V secolo. La chiesa di Santa Maria Nuova fu eretta, invece, sulla via Romana,  a est del castello di Viterbo, nell’area in cui si trovava la piazza del mercato, San Silvestro, centro della vita sociale e politica della città. La prima menzione di questa chiesa risale al 1080. Si pensa che sia sorta su una costruzione preesistente dando spazio così alla leggenda secondo la quale furono i discendenti di Ercole a fondarla nel 380. A infittire il mistero circa l’esistenza di un precedente tempio pagano, resta una gigantesca testa scolpita sulla porta di ingresso, estremamente somigliante a Giove. Quel che è certo che la chiesa di Santa Maria Nuova per molto tempo fu il centro della vita cittadina. È qui che tra il 1238 e il 1263, non essendo ancora stato costruito il palazzo comunale, il popolo si riuniva per le assemblee popolari e i consigli generali. Al suo interno furono sepolti i “capitani del popolo”, vi trovavano asilo e assistenza gli infermi, si custodivano e conservavano gli atti e i denari del Comune. Essa era una vera casa del popolo. Oggi, la processione del Salvatore, schiude il forziere dei ricordi, e la Viterbo dell’epoca sembra saltare fuori, ansiosa di  invadere nuovamente il centro cittadino. Un realismo da attribuirsi anche alla sapienza, al dettaglio e alla cura con cui sono state ricostruite le figure di quel tempo, in ciò che le racconta visivamente nell’istante in cui sfilano, cioè gli abiti. Ne scaturisce un corteo suggestivo da vedere. Un colpo d’occhio che lascia veramente meravigliati e che non resta deluso nemmeno quando dalla visione di insieme si scende nel dettaglio. Magistralmente riportate anche le corporazioni di arti e mestieri: l’arte dei “Medici”, dei “Notari, “degli Speziali, dei “Mercanti”, dei “Fabbri”, dei “Macellai”, dei “Sarti”, degli “Osti e Tavernieri”,  degli “Ortolani”, dei “Vascolari”, dei “Pesciaioli”, degli “Scalpellini”, dei “Muratori”, dei “Falegnami”, dei “Barbieri”. È la Viterbo di una volta, più “colorata”, nonostante l’età buia, non rischiarata dalla lampadina del progresso, più genuina, nonostante il cammino della civiltà fosse appena partito. Una Viterbo, come tante altre realtà dell’epoca, ancora legata intimamente alla terra e alla campagna, come simboleggia  la coppia di buoi, simbolo di questa processione, imperanti su tutto il resto del contesto, pur meravigliosamente ricostruito. E non a caso anche il parroco di Santa Maria Nuova, don Mario Brizi,  l’ha richiamato nel suo saluto alla piazza: “Il ritorno alla natura e la tutela dell’ambiente“. Accanto a lui il sindaco della città di Viterbo, Giovanni Arena, e il vice sindaco Enrico Maria Contardo. Intorno una città in festa, piazze e vie affollate, scrosci di applausi.

Tiziana Mancinelli

info@quintaepoca.it

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.