Home Cultura Sirio, Orione e il solstizio di inverno raccontano la storia astronomica del Natale. L’analisi di Gaspani.

Sirio, Orione e il solstizio di inverno raccontano la storia astronomica del Natale. L’analisi di Gaspani.

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Come molte altre storie dell’uomo, anche quella di Natale è scritta nella volta celeste. Nel suo corso apparente, il sole attraversa le “due porte del cielo”: “il solstizio d’estate” e il “solstizio di inverno”, due momenti dell’anno di grande valenza simbolica. È attraverso questi due punti di passaggio che il sole inverte la sua parabola ascendente in discendente e viceversa. Al solstizio d’estate, il 21 giungo, esso raggiunge il culmine della sua forza, al termine del suo percorso crescente durante il quale le ore di luce sono maggiori rispetto a quelle di buio, fino a toccare il loro punto massimo. Ma proprio nel momento del suo trionfo, il sole inizia a “morire”. Le ore di luce, infatti, iniziano a diminuire rispetto all’oscurità, che pian piano avanza fino a raggiungere la sua durata massima nel solstizio di inverno, il 21 dicembre. In moltissimi paesi in questa data si celebravano le nozze tra la notte più lunga e il giorno più corto. Ma proprio nel momento in cui l’oscurità è più profonda e assoluta, rinasce la luce, diventando sempre più forte dell’ombra, fino a toccare il suo massimo al solstizio di estate per ricominciare un nuovo cammino di decadenza. I popoli antichi vivevano la loro vicenda personale in questo ciclo del sole, considerato la personificazione della divinità. Era il sole che portava la vita sulla terra e quando lo vedevano diventare sempre più piccolo e debole nei giorni in prossimità del solstizio di inverno, gli uomini antichi temevano per la loro esistenza, così eseguivano cerimonie e rituali, tra cui l’accensione di fuochi, per tenere vivo il sole, convinti che ogni loro azione avesse dei riflessi sul cosmo. Ed esso, ogni volta, rinnovava il suo destino. Il 21 dicembre il sole oscuro, vecchio e stanco, moriva sulla volta celeste, e rinasceva il sole bambino in un particolare punto sull’orizzonte: in quello indicato dalla direzione dell’allineamento della stella Sirio e delle tre grandi stelle della cintura di Orione, i Tre Re. Astri densi di significati simbolici che indicano il punto di rinascita della luce nel cielo. Anche quest’anno l’astro diurno ha compiuto il suo rituale millenario.\r\n\r\n“Il 21 dicembre – dice l’astrofisico Adriano Gaspaniil sole è ricominciato a risalire e approssimativamente la direzione cintura di Orione – Sirio ha intersecato l’orizzonte alle 22,30 circa di sera nel punto dove il sole sorge al solstizio di inverno”.\r\n\r\nInsomma, l’ora magica, secondo le credenze degli antichi è già scoccata e anche se da questo momento in poi siamo entrati “nell’inverno astronomico” il sole ha ripreso la sua corsa verso la primavera e l’estate.\r\n\r\nNella tradizione romana a guardia delle due porte indicate dai solstizi era posto il dio Giano bifronte, mentre in Grecia il solstizio d’estate era considerato la porta degli uomini, quello invernale la porta degli dei. Il nome solstizio, “sol stat” indica sole fermo, perché è così che appare nei giorni a ridosso del solstizio invernale, come se facesse una pausa nel suo eterno viaggio.   Un momento che per l’uomo antico, ma anche in molte dottrine esoteriche, si traduce in una  profonda riflessione interiore, per trovare dentro di sé quella scintilla di luce che può dare inizio a un nuovo corso, nell’insegna della trasformazione, del cambiamento e dell’evoluzione rispetto a ciò che è stato. Nei giorni intorno al solstizio gli antichi romani celebravano la festa del “Sol Invictus” il sole vittorioso sulle tenebre, una festa che secondo alcuni costituirebbe l’origine pagana del Natale cristiano. Nell’antica Roma a cavallo del solstizio di inverno, dal 17 al 23 dicembre, si festeggiavano i Saturnali, le feste dedicate al dio dell’agricoltura Saturno con banchetti e sacrifici. Nella tradizione germanica e celtica il solstizio di inverno era la festa di Yule, dominato da miti e rituali provenienti da una memoria lontanissima. Sembra che proprio nell’ambito di queste celebrazioni sia stato introdotto l’utilizzo dell’albero sempreverde come simbolo di vita che resiste all’inverno e alle avversità.\r\n\r\nC’è tuttavia chi rintraccia, invece, un’origine cristiana dell’albero di Natale, sposando la tesi che esso fosse utilizzato nelle rappresentazioni medioevali dei misteri come l’albero di Adamo ed Eva.\r\n\r\nLa tradizione pagana era così radicata nelle popolazioni di tutto il mondo che su di essa il Cristianesimo decise di innestare alcuni suoi rami. Fu così che  papa Giulio I (337 – 352) fissò il Natale cristiano il 25 dicembre, all’epoca era questa la data del solstizio di inverno. La rinascita del sole bambino diventava la nascita del Cristo come sole di giustizia.\r\n\r\nI solstizi erano ritenuti così importanti che anche molte chiese venivano orientate con essi. A presentare questa caratteristica a Viterbo è la splendida basilica di San Francesco, sull’omonimo colle. Orientata con il solstizio di inverno, con la nascita del sole bambino, la maestosa  costruzione in questi giorni riserva lo spettacolo di un intenso raggio cremisi che all’alba entra dalla quadrifora istoriata colpendo la navata centrale.\r\n\r\nLa data del 21 dicembre oltre al tema astronomico ne recava uno vegetale: la sconfitta del re agrifoglio, re dell’anno calante, simbolo di oscurità e vecchiaia da parte del re quercia, simbolo dell’anno crescente e della luce. Il sole bambino nasce dall’utero della dea, la grande madre terra che se anche ora è regina del freddo e del gelo nel suo grembo di morte porta la speranza di una nuova luce con la promessa della primavera. La pianta del solstizio di inverno considerata sacra dai druidi era il vischio, simbolo della vita poiché le sue bacche bianche e traslucide ricordano il liquido seminale dell’uomo, figlia del fulmine, discesa dal cielo e quindi di emanazione divina. Il sole è stato celebrato dai popoli antichi, da persone comuni e da grandi personaggi della storia. Dante Alighieri al riguardo diceva: “non esiste cosa visibile in tutto il mondo, più degna del sole di fungere da simbolo di Dio, poiché esso illumina con vita visibile prima se stesso, poi tutti i corpi celesti e terreni”.\r\n\r\n \r\n\r\nTiziana Mancinelli\r\n\r\n \r\n\r\n(L’orientamento della basilica di San Francesco con il solstizio di inverno è stato calcolato nell’ambito dello studio pubblicato nel libro “Astronomia e architettura sacra a Viterbo, esoterismo e simbolismo nelle chiese della città dei papi” di Adriano Gaspani e Tiziana Mancinelli)\r\n\r\n 

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.