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Ecosistema Urbano 2017: cosa ha fatto il Comune per migliorare lo stato di salute della città?

Ecosistema Urbano 2017: cosa ha fatto il Comune per migliorare lo stato di salute della città?

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Una classifica, come quella stilata da Legambiente, non è una mera, insignificante tabella di numeri. Il numero, quando è frutto di un’elaborazione statistica, è il “disegno”, estremamente sintetico, di una realtà che si decide di rappresentare in modo semplificato, rimarcando solo i pochi tratti che colgono uno dei  volti di quella realtà che si vuole raccontare. Il terz’ultimo posto di Viterbo in una classifica di 104 Comuni italiani per l’Ecosistema urbano 2017, è “il segnale” di una realtà che va “indagata”. Al riguardo le ipotesi sono diverse e ora che il dibattito è aperto, sarà doveroso trasferirlo nelle sedi istituzionali opportune per capire cosa c’è dietro a quel 102esimo posto, soprattutto perché potrebbe avere un impatto sui cittadini. La spiegazione può essere più di una, ed è il caso di capire quale sia quella giusta. Viterbo è al 102 esimo posto su 104 Comuni rilevati con un punteggio (28,83) su un massimo di 100, estremamente vicino all’ultima  posizione di Enna (22,74%) e lontanissimo dal primo posto di Mantova (76,80%). Legambiente commenta il terz’ultimo posto della città dei Papi così: “è il luogo dove si concentrano risultati mediocri nei vari indicatori considerati e anche tante lacune nella disponibilità di informazioni sullo stato di salute ambientale della città”. In una nota stampa si torna sul punto: “continua a non fornire con completezza i dati”.

Ma come vengono calcolati gli indicatori del rapporto? “Il punteggio ottenuto – spiega Legambiente – fino a un massimo di 100, si ottiene rispettando da una parte i vincoli di legge (per l’aria, l’acqua, la depurazione, i rifiuti…) e dall’altra con valori in linea con le esigenze dei cittadini e di una migliore qualità della vita (come nel caso del trasporto pubblico o delle isole pedonali)”.

Alla luce di questo, il terz’ultimo posto occupato da Viterbo, in base agli indicatori trasmessi, indicherebbe che le politiche messe in campo, se ci sono state, sarebbero lontanissime da tutto ciò che qualifica un ecosistema urbano di qualità. E “quella urbana è una grande questione nazionale”, come dice  Legambiente. Viterbo è fermo a 28,83% punti su 100. Un biglietto da visita da “terzo mondo”, poco invitante sia per i cittadini sia per i turisti.

Per quanto riguarda, invece, i dati mancanti le ipotesi sono due: o c’è stato un problema nella trasmissione, o quegli indicatori il Comune non li rileva (o non li ha). E questo sarebbe ancora più criticabile dall’essere arrivati quasi ultimi, perché significherebbe che l’ente non calcola l’impatto delle politiche messe in atto, al fine di misurarne l’efficacia e, nel caso, correggere il tiro. E si arriverebbe a una situazione ancor più grottesca se, oltre all’indicatore, non esistessero,  in alcuni casi, nemmeno i progetti finalizzati a impattare positivamente sui temi strategici per la qualità dell’ecosistema urbano (qualità dell’aria e inquinamento acustico, che incidono direttamente sulla salute umana,  efficienza del sistema idrico, mobilità,  energia, verde urbano, ecc.).  E qui si aprirebbe la vera questione politica da discutere anche in consiglio comunale. Quale visione, se c’è stata, e quali azioni, se ci sono state, questa amministrazione ha messo in campo per lo “stato di salute della città”, perseguendo  un modello urbano che assicuri standard elevati della qualità della vita? Perché è questo che il cittadino  vuole.  Perché è questo che va approfondito, al di là dell’indicatore, giusto o errato che sia, o addirittura mancante.  È questa la grande sfida delle città moderne. Quegli indicatori che Viterbo non ha trasmesso, o su cui ha conseguito valori “mediocri”, secondo Legamebiente, ci dicono: la presenza di biossido di azoto, quella di ozono, delle polveri sottili, della dispersione della rete idrica, la capacità di depurazione, la produzione di rifiuti urbani, la raccolta differenziata, il porta a porta, i passeggeri del trasporto pubblico, le piste ciclabili (m/100 abitanti), le isole pedonali (mq/abitante), gli alberi in città (alberi/100 abitanti), il verde urbano fruibile, le energie rinnovabili. E non sono semplici numeri, ottenuti tramite un puro esercizio matematico, sono i “cromosomi” di una città in cui ognuno di noi vorrebbe vivere. Una città su misura per le proprie esigenze e quelle di una vita moderna con i suoi pro e i suoi contro, un luogo che tutela la salute e guarda al futuro. Un sogno? No, un modello reale a cui stanno convergendo le città virtuose, con una spiccata cultura al cambiamento, all’innovazione, all’ottimizzazione delle risorse e alla sostenibilità, nell’ambito di una sana, reciproca, competizione finalizzata a sviluppare le migliori capacità di ognuno che poi diventano le best practices da seguire per tutti, diventando patrimonio comune di una rete dove la “città ideale” è a portata di mano perché perseguita in uno sforzo complessivo in cui ciascuno sperimenta le proprie idee su un tema strategico per la città moderna, mettendo a disposizione le sue esperienze migliori e prendendo dagli altri ciò in cui è carente.  È questo che mette in moto una classifica su base nazionale come quella dell’Ecosistema Urbano 2017. “C’è un’Italia delle città che ha già cambiato passo”, dice Legambiente, ma Viterbo, stando ai dati trasmessi, sembrerebbe ancora seduto in panchina. E questa è la questione da affrontare in questo scorcio di mandato dell’amministrazione Michelini e a maggior ragione di quella che verrà.

 

Tiziana Mancinelli

info@quintaepoca.it

 

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(In foto la congestione del traffico nel quartiere San Faustino e il “deserto in via Marconi”

 

 

 

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.