Home Prima Pagina L’allineamento astrale della Piramide di Bomarzo: l’astrofisico Gaspani trova una chiave sul misterioso manufatto.
L’allineamento astrale della Piramide di Bomarzo: l’astrofisico Gaspani trova una chiave sul misterioso manufatto.

L’allineamento astrale della Piramide di Bomarzo: l’astrofisico Gaspani trova una chiave sul misterioso manufatto.

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Bomarzo (Vt) – Affascina per il suo inestricabile mistero. La Piramide di Bomarzo, situata tra l’omonimo comune e quello di Chia, in provincia di Viterbo, attira la curiosità di molti, desiderosi di conoscere quella storia percepita oltre il profilo particolarissimo di quel masso roccioso capace di esercitare immutate suggestioni. Ma essa è così lontana nel tempo, sedimentata sotto innumerevoli strati di epoche, da avere perso ogni voce. Resta solo quella muta di un segreto indecifrabile, fissato lungo la particolare lavorazione del manufatto, circondato dal fossato della dimenticanza, impossibile da superare gettando un ponte che riunisca l’immaginazione a ciò che realmente esso è. A cosa serviva questa gigantesca pietra lavorata dai popoli antichi per ricavarne scalini, piattaforme, sedili? E soprattutto chi e quando l’ha realizzata? Ha provato a dare delle riposte  Adriano Gaspani, autorevole astrofisico, membro dello staff dell’Osservatorio Astronomico di Brera (Milano), afferente all’I.N.A.F., Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma, nonché membro della S.I.A, Società Italiana di Archeoastronomia sin dalla sua fondazione, campo in cui svolge da innumerevoli anni le sue ricerche con particolare riferimento  ai periodi protostorico e medievale in Europa e relativamente al perfezionamento delle tecniche di rilevamento dei siti archeologici di rilevanza astronomica e dell’analisi dei dati raccolti. Viterbo non è una novità per il prof. Gaspani, autore già di uno studio senza precedenti sulle chiese del capoluogo che ha fornito l’esatta orientazione di questi siti sacri e antichissimi con le configurazioni astrali dell’epoca in cui furono fondate, rivelando sorprendenti informazioni su questi luoghi di culto. Lo studio  è infine sfociato nella pubblicazione di un libro “Astronomia e architettura sacra a Viterbo, simbolismo ed esoterismo nelle chiese della città dei papi”, coautrice la giornalista e scrittrice Tiziana Mancinelli. Ora il professor Gaspani è tornato a puntare il suo “telescopio” sulla  Tuscia, terra ricca di spunti e di misteri, con molteplici volti da scoprire e raccontare. Tra i suoi enigmi più intriganti  c’è sicuramente quello della Piramide di Bomarzo. “Essa è uno strano manufatto – osserva Gaspani –  ricavato modellando e intagliando un grande masso di peperino, caduto, con molta probabilità, in un’epoca molto remota da una rupe. Una struttura di tipo monumentale –prosegue – ricavata in età protostorica da un grande monolito preesistente. La parte orientale è scandita da 26 gradini, larghi da uno a quattro metri ciascuno, intagliati nella roccia che salgono verso l’alto”, descrive Gaspani, “alcuni di essi si allargano verso il lato occidentale che ne è completamente privo”.  Sulla parte ovest, infatti, la gigantesca pietra presenta solo delle nicchie, di cui si ignora completamente la funzione, così come non si conosce, con assoluta certezza, quale possa essere stata la sua funzione,  né la sua datazione, tantomeno quale popolazione possa averlo modellato. “I 26 gradini si interrompono in corrispondenza di una prima piattaforma – spiega ancora –  dove si trova un sedile ricavato nella roccia, alla cui destra si raccordano altri 9 gradini che portano a una piattaforma ancora più grande situata nella parte più elevata del manufatto. I 9 gradini sono alti 24 cm e larghi 1 m. Alcuni sono stati ampliati fino ad una larghezza di 1,60 m”. La chiave utilizzata da Gaspani per cercare di risolvere il mistero della Piramide di Bomarzo è stata quella archeostraonomica, che è quella che gli fornisce il suo settore di studio. L’archeoastronomia combina gli studi astronomici con quelli archeologici. Essa ci dice quali erano le conoscenze possedute dagli antichi popoli dei fenomeni celesti, come li interpretavano e utilizzavano all’interno delle loro culture, soprattutto riguardo alle loro costruzioni sacre. L’archeoastronomia, oggi, ci permette di ricostruire la configurazione astrale del cielo che ha visto nascere la Piramide di Bomarzo, e svelarci la connessione con la sfera celeste che i suoi artefici hanno ricercato nel modellarla e orientarla. Era una regola pressoché costante per gli uomini antichi costruire ricercando una corrispondenza con il moto degli astri, in sintonia con un simbolismo proprio della loro cultura. Dalle rilevazioni effettuate e dall’applicazione di determinati procedimenti matematici, Adriano Gaspani ha scoperto che la Piramide di Bomarzo presenta un legame con due corpi celesti precisi. “L’esame della morfologia del manufatto –dice Gaspani autore dello studio – mostra che la parte più elevata, sulla sommità della quale è posta la piattaforma principale, è quella posta a sud, mentre l’accesso attraverso la scalinata è posto a nord”. L’astrofisico di Brera ha utilizzato nei suoi calcoli la direzione media di orientazione del manufatto complessivo dedotta dalle immagini satellitari. “Esse – spiega – mostrano che “il profilo della “piramide” corrisponde ad un semiparallelepipedo la cui sezione longitudinale è un triangolo rettangolo con l’ipotenusa coincidente con il piano di calpestio  e con gli angoli interni di 30°, 60° e 90°. In particolare, il lato corrispondente allo sviluppo delle scalinate, è inclinato di 30° rispetto al piano di calpestio e questo angolo corrisponde anche all’altezza angolare apparente del punto della sfera celeste dove il prolungamento della tangente alle scalinate la interseca”. Partendo da queste evidenze,  Gaspani ha calcolato “l’intervallo di declinazione critica affinché un astro transiti esattamente nel punto della sfera celeste con coordinate altazimutali come quelle della Piramide di Bomarzo”. Non tutti gli astri, però, compresi in questo intervallo di declinazione, possono essere stati quelli scelti dai creatori della Piramide. “Dovevano essere sufficientemente luminosi – spiega l’astrofisico di Brera – per essere scelti dal popolo che modellò il masso roccioso come target astronomici con grande importanza simbolica per la loro cultura”. Oltre al sole e alla luna, solo le stelle di prima magnitudine possono avere questa luminosità. “L’analisi archeoastronomica – rivela Gaspani – ha mostrato che solamente due stelle soddisfano i vincoli imposti dalla geometria e dall’orientazione del manufatto: Sirio, nella costellazione del Cane Maggiore e Antares nello Scorpione”. La Piramide di Bomarzo fu modellata legandone l’orientazione a queste due stelle, Sirio e Antares, che dovevano, quindi, rivestire un significato ben preciso per la cultura che ne guidò la creazione. “Per quanto riguarda il sole e la luna gli intervalli di declinazione calcolati non corrispondono a fenomeni di rilievo durante i cicli mostrati dai due astri. Rimangono quindi le due stelle di prima grandezza ad essere i target maggiormente probabili per l’orientazione astronomica della “piramide di Bomarzo”, dice Gaspani. La scoperta del legame tra la piramide e le stelle Sirio e Antares è molto importante, perché proprio da qui il professore ha iniziato i suoi calcoli per scoprire la datazione del misterioso masso. “Tenendo conto della morfologia del paesaggio locale è possibile affermare che i due allineamenti stellari sono gli unici targets astronomici codificati nel manufatto – spiega –  quelli che permettono di fare un tentativo per cercare di determinare la collocazione cronologica della fase di modellazione della Piramide di Bomarzo, informazione che non è ancora riuscita a stabilire, con un certo margine di accuratezza,  l’Archeologia. Incrociando i dati raccolti, Gaspani deduce che: “Il miglior accordo tra l’altezza angolare apparente raggiunta dall’astro e quella risultante dall’analisi archeoastronomica del manufatto di Bomarzo, ci colloca nel IX secolo a.C. con un errore di ±191 anni. Tenendo conto di quanto ottenuto dall’analisi archeoastronomica, potremmo affermare con un livello di affidabilità del 67% che la collocazione cronologica della “piramide di Bomarzo” risalga grosso modo alla fase finale della Cultura Villanoviana. Durante la fase della Cultura del Rinaldone il manufatto ancora non esisteva, mentre è abbastanza improbabile la sua esistenza durante le fasi tipiche della Cultura Protovillanoviana. La probabilità di esistenza ed utilizzo del manufatto diventano consistenti tra l’ultima fase della cultura Villanoviana in poi. Di fatto il masso è un grande altare. Purtroppo dell’Astronomia dei Villanoviani si conosce praticamente nulla, quindi è molto difficile avanzare qualsiasi ipotesi in proposito. Quello che appare chiaramente è che le stelle Antares e Sirio dovevano essere state importanti per tale cultura se furono utilizzate come target astronomico per modellare la “piramide”. La situazione interpretativa di questo manufatto è decisamente molto intricata soprattutto per la carenza del dato archeologico di supporto. Fino ad ora l’indagine archeologica non c’è stata, o per lo meno non si ha alcuna notizia degli eventuali risultati di essa, per cui il sito in oggetto, pur apparendo chiaramente come un luogo sacro protostorico risalente alla Cultura Villanoviana, astronomicamente significativo, risulta difficile metterlo direttamente in relazione con le caratteristiche attualmente note per tale cultura. L’ipotesi interpretativa che sembra di maggior rilievo considera il manufatto ottenuto dalla modellazione di un masso di origine naturale preesistente come un luogo sacro, in cui oltre all’amministrazione del culto venivano probabilmente eseguite anche le osservazioni astronomiche finalizzate alla ritualità, alla misura del tempo e alla gestione del calendario agricolo e pastorale. Da questo punto di vista la posizione geografica del sito è abbastanza favorevole anche se il profilo dell’orizzonte naturale locale apparente è abbastanza sgombro da permettere l’osservazione del sorgere e del tramontare degli astri all’orizzonte naturale locale dalla sommità del manufatto. Il profilo dell’orizzonte naturale locale offre svariati punti di collimazione (foresights) posizionati in maniera molto favorevole rispetto ai punti di levata e di tramonto degli astri maggiormente importanti per la cultura villanoviana durante la prima metà del I millennio a.C. Dal punto di vista della collocazione cronologica, poiché il dato archeologico non esiste, l’unica datazione per ora possibile è quella di tipo archeoastronomico la quale ha mostrato di essere caratterizzata da un buon livello di affidabilità”.

 

Tiziana Mancinelli

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Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.