Home Politica Consiglio aperto sul Teatro dell’Unione: Cervo: “Gli arredi un orrore. Pietà per quel povero edificio”. Critici pure Manganiello e Antoniozzi su ristrutturazione e gestione
Consiglio aperto sul Teatro dell’Unione: Cervo: “Gli arredi un orrore. Pietà per quel povero edificio”. Critici pure Manganiello e Antoniozzi su ristrutturazione e gestione

Consiglio aperto sul Teatro dell’Unione: Cervo: “Gli arredi un orrore. Pietà per quel povero edificio”. Critici pure Manganiello e Antoniozzi su ristrutturazione e gestione

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Consiglio comunale aperto sul Teatro dell’Unione. La parola stavolta passa ad artisti e operatori del settore teatro e cultura. A parlare delle scelte operate dal Comune nel rilancio dello storico spazio cittadino, ci sono Gianmaria Cervo, Alfonso Antoniozzi e Paolo Manganiello.

Giudizio impietoso da parte dei tre verso l’operato del sindaco del comune di Viterbo, Leonardo Michelini, e dell’assessore alla cultura, Antonio delli Iaconi.

Ad essere bersagliato dalle critiche è innanzitutto l’arredo scelto. “Devo dire con una certa amarezza che all’ irritazione iniziale per alcune scelte fatte dal Comune in merito alla gestione del teatro, è subentrato anche un po’ di senso di pietà per quel povero edificio, per quello che abbiamo visto accadere in questi giorni”. È l’esordio dell’intervento di Gianmaria Cervo, che non promette niente di buono per il sindaco Michelini e l’assessore alla cultura Antonio Delli Iaconi. E infatti Cervo prosegue: “Innanzitutto la scelta degli arredi – attacca-. Il sipario di questo colore blu notte tendente al nero vagamente iettatorio, per niente associato al colore delle sedie, di questo colore rosso televisione simili più a quelle di un’agenzia immobiliare che di un teatro. E l’impossibilità di utilizzare la graticcia per gli spettacoli. Questo era un processo da condividere con degli esperti, la ristrutturazione è un atto importante, fondante, per la vita di un teatro. Ci si sarebbe dovuti chiedere se rifare il teatro utilizzando arredi dell’Ottocento, o fare un’operazione post moderna, ma non certo l’orrore che abbiamo dovuto constatare vedendo gli arredi di questo teatro”. Un commento quello di Gianmaria Cervo che non lascia scampo e per i minuti in cui si svolge pietrifica la sala, almeno dalle parti della maggioranza, da quelle dell’opposizione sembra di intuire  qualche smorfia divertita sotto i baffi. “La situazione non migliora – prosegue Cervo –  se pensiamo all’ ipotesi di affidare la gestione del teatro all’Atcl.  Un ente che dovrebbe operare in territori sguarniti e non laddove esistono delle realtà già sviluppate”. Secondo Cervo, inoltre, con l’affidamento all’Atcl: “Le realtà di produzione teatrale locali non potranno richiedere fondi regionali o Mibact, perché l’Atcl già li percepisce. Per Viterbo sarebbe un’altra  castrazione di sviluppo culturale”, sottolinea Cervo ricorrendo a espressioni piuttosto colorite. “Il rilancio del teatro – prosegue – doveva prevedere la creazione di un centro di produzione teatrale.  Non è qualcosa di trascendente, ci sono centri più piccoli di Viterbo che lo hanno.  O almeno costituire una compagnia in residenza che possa chiedere fondi. Insomma sindaco – è l’invito di Cervo – andiamo veramente Oltre le Mura.  In questi giorni abbiamo sentito di tutto, come, ad esempio, che la direzione artistica sarebbe costata 50 mila euro.  Ma quale direttore prende questo compenso. Vi chiedo di riconsiderare questa scelta dell’affidamento ad Atcl, che rasenta la follia, e va palesemente contro l’interesse della città. Se le realtà culturali perderanno il treno dei finanziamenti dal ministero quest’anno per la produzione, dovremo aspettare il 2021 per riparlarne. Ci sono stati momenti chiaroscurali nei rapporti tra questa amministrazione e le realtà culturali di questa città – si appresta a concludere Cervo -. Se volete salvare il residuo di fiducia rimasto nei confronti dell’amministrazione da parte di alcuni, rivedete la vostra scelta”.

In sintonia con Cervo, anche Alfonso Antoniozzi che usa la metafora culinaria. “Avere un teatro così è come avere una cucina che non sforna piatti, ricorre al catering”. Sull’arredo anche Antoniozzi non si risparmia: “A parte il colore del sipario che doveva accordarsi con quello delle sedie, come ben sa chi sia entrato in un teatro,  dobbiamo pensare che esso è anche una realtà produttiva. Si creano posti di lavoro: macchinisti, attrezzisti, servizio d’ordine, pulizie, scenografi, costumisti, scenotecnici, truccatori, parrucchieri, biglietteria. Tutto questo è un teatro – asserisce Antoniozzi -. Deve essere un centro di produzione. E per farlo, la via più veloce e intelligente è la creazione di una compagnia stabile, e a lungo termine di una fondazione, di cui il sindaco potrebbe essere il presidente. Il Comune, però, deve liberarsi della gestione diretta del teatro. Con 50 mila euro non si va da nessuna parte, lo avete visto da soli. L’Atcl è un distributore non un produttore. Affidandogli il teatro scegliete il “catering”.

Conclude Paolo Manganiello e la musica è sempre la stessa: “Se non faremo le scelte  più opportune, avremo una sorta fast food del teatro, con prodotti probabilmente in serie, presentati a un pubblico digiuno da tanti anni di spettacoli, e quindi poco formato su come il teatro si sta muovendo da dieci anni a questa parte”, spiega Manganiello, prima di mettere l’accento, anche lui, sulle cose che ancora mancano all’interno del teatro dal punto di vista tecnico: “Luci, impianti, carrucole, corde, quinte. Manca tutto, non è un teatro, potrebbe essere un grande capannone come quelli del Poggino, ancora da destinare alle aziende. Dentro non c’è nulla e non ci si può fare nulla, se non rivolgendosi a qualcuno che, per mestiere,  porta dentro tutto e fa pagare l’ira di Dio. La cosa più brutta che ho visto dalle foto – prosegue Manganiello – è stato un ring nero su cui vengono appese le luci. È un’offesa a quella nuova graticcia. Il teatro in questi anni è mancato non solo come edificio, ma anche come esigenza. Manca un’educazione al teatro, per questo dobbiamo sensibilizzare, andare nelle scuole,  lavorare all’interno dei laboratori. A Viterbo ne abbiamo tanti sia amatoriali sia  propedeutici alla professione di attori. Ci sono poi quelli di teatro sociale dove afferiscono persone svantaggiate, ma che riescono a fare delle produzioni molto belle. Dobbiamo anche formare un gusto, affinché non si possa venire qui a portare delle zozzerie”. Manganiello chiede, infine, un coordinamento e delle compagnie di teatro di comunità formate da: “persone che fanno tutt’altro nella vita  che si incontrano, parlano, ragionano su quello ce hanno visto e che sceglieranno in futuro, creando così un gusto.

 

Tiziana Mancinelli

info@quintaepoca.it

(In foto da sinistra: Cervo, Antoniozzi, Manganiello)

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.