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Master Plan sul centro storico di Viterbo: inizia la discussione in Sala Regia

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L’idea di redigere un Master Plan sul centro storico della città di Viterbo, ha riunito intorno a un tavolo un comitato scientifico e di ricerca del Dipartimento di Architettura e Progetto dell’Università  “La Sapienza” di Roma, ognuno a lavoro su aspetti, tematiche, prospettive diverse al fine di arrivare a una progettazione di sintesi da svilupparsi a medio e lungo termine.\r\n\r\nNella mattinata di oggi, 11 luglio 2016, in Sala Regia è iniziata l’illustrazione dei vari contributi apportati dal gruppo di lavoro.\r\n\r\nL’iniziativa di elaborare un’idea complessiva della città che si traduca in una strategia coerente di crescita, sviluppo e riqualificazione nei prossimi anni è stata dell’assessore all’urbanistica Rafaela Saraconi.\r\n\r\n“Non si può decidere di giorno in giorno – ha detto all’apertura dei lavori – ma dobbiamo definire uno scenario strategico al quale rapportare l’azione del Comune in continuità con le amministrazioni precedenti. Non possiamo lasciare che siano i singoli episodi a delineare lo sviluppo futuro della città”.\r\n\r\nAll’intervento dell’assessora è seguito quello del responsabile scientifico della ricerca, Orazio Carpenzano. “Abbiamo organizzato un gruppo che coinvolge trasversalmente diverse discipline in modo da avere più angoli visuali del tema di studio che è l’identità e le prospettive di sviluppo della Viterbo del XXI secolo – ha detto Carpenzano -. L’Urbanistica è nata per dare alle città delle regole che possano governare il processo insediativo, ma se esse finiscono per corrodere il sistema, immobilizzarlo, imbrigliare le iniziative, allora devono essere riviste”.\r\n\r\nCarpenzano ha voluto sottolineare che tra Comune e Università non c’è stato nessun affidamento di incarico a professionisti, ma solo un Protocollo di Intesa per l’importo di 35 mila euro. L’apertura dei lavori è seguita dall’intervento di Elisabetta Cristallini a tema “L’arte contemporanea negli spazi pubblici”. “L’arte è molto importante all’interno di un master plan – ha detto Cristallini – il mio studio sulla città di Viterbo ha evidenziato due temi: “Viterbo città murata”, “Spazi verdi limitrofi alle mura”. Riguardo a quest’ultimo punto sono state enucleate due aree di primario interesse: Valle Faul e Prato Giardino. Elisabetta Cristallini ha portato all’attenzione della sala alcuni esempi che coniugano arte e spazi pubblici con soluzioni originali che uniscono alla concettualità di fondo una valorizzazione delle aree. Interessante, in particolare, il progetto “Sol Omnibus Lucet” di Massa Marittima, realizzato dall’architetto Maria Dompé in uno spazio verde limitrofo alla cinta urbica che riconverte il concetto di chiusura, insito nelle mura di difesa, in uno di apertura, dando vita a una costruzione concentrica culminante nel pozzo dei desideri al centro.\r\n\r\nVisioni di un probabile futuro, ma che a Viterbo si scontrano con una presente irto di difficoltà. Le illustra bene il sociologo Francesco Mattioli: “la sociologia e l’urbanistica sono intimamente legate dal momento che l’esistenza umana si snoda all’interno degli aggregati urbani”,  ha detto Mattioli . La qualità delle nostre città influisce certamente sul benessere del cittadino, e una data configurazione delle aree urbane favorisce anche un dato profilo sociologico della popolazione, la distribuzione dei vari gruppi, e la dinamica delle reciproche relazioni. Nel suo intervento “centro storico o centri storici? Problemi identitari e prospettive di sviluppo della Viterbo del XXI secolo”, Mattioli illustra un quadro reale del contesto cittadino presente, un’istantanea che deriva dalla sedimentazione della storia, della cultura, degli interventi urbanistici di secoli, che oggi ci riconsegnano uno stato di fatto con cui fare i conti nel determinare la fattibilità concreta di alcune ipotesi di futuro assetto urbanistico.\r\n\r\n“Fortunata quella città che ha un nucleo storico importante come la nostra – ha sottolineato Mattioli – senza una tradizione storica, non c’è nemmeno un’idea di patria. Il nostro centro storico non è omogeneo, ma racchiude dentro di sé altrettante aree tipiche, ciascuna con un  profilo. Abbiamo la Viterbo medioevale, quella rinascimentale, barocca, abbiamo la Viterbo commerciale e quella spirituale e così via”. Non possiamo dire che Pianoscarano, sia uguale a San Faustino, o a San Pellegrino, ci sono quindi altrettanti microcosmi all’interno del quartiere antico.\r\n\r\n“Un altro elemento critico sono diventate le mura, oramai sede anche di abitazioni, – specifica Mattioli – e le ristrutturazioni orrende. Porta Fiorita grida vendetta”. Ma il fattore che ha accelerato il degrado e la marginalizzazione del centro storico è stato certamente il forte spopolamento, superiore alla tendenza nazionale nelle varie epoche storiche, con la conseguente forte contrazione delle attività socioeconomiche non imputabile solo alla crisi – spiega Mattioli –  ma ad un  processo di più vaste dimensioni storiche, che  vede la progressiva dislocazione delle attività commerciali in appositi centri extraurbani, ricchi di servizi complementari. I negozi hanno progressivamente messo all’angolo i mercati di piazza, oggi i centri commerciali mettono in crisi i negozi, e non  solo quelli del centro, e domani l’e -commerce metterà in crisi i centri commerciali”.\r\n\r\nLa fuga della popolazione nelle aree residenziali fuori le mura, risente anche di una forte presenza dell’industria edilizia, l’unica presente. C’è poi da considerare il cambio di abitudini delle famiglie che oramai considerano una conquista definitiva il garage per la macchina, l’ascensore le finestre spaziose. Da questo punto di vista il centro storico di Viterbo si presenta lontano anni luce. “Se osserviamo la Viterbo storica dall’alto – continua Mattioli – si capisce il motivo della fuga in massa verso i nuovi quartieri residenziali:  persino le “grandi arterie” del centro storico viterbese – Via Garibaldi, Via Cavour, Corso Italia, Via Matteotti, via Cardinal La Fontaine, Via Mazzini–  sono in realtà dei budelli tortuosi inadeguati ad una circolazione moderna, in parte persino inaccessibili ai mezzi pubblici”. I dati dello spopolamento del centro  storico sono impressionanti: “negli anni ‘90 la popolazione del centro storico crolla da 19.000 a 9.000 abitanti, per scendere nei primi anni duemila a poco più di 6000 residenti. Nel decennio 1945-1955 si stima un quarto degli abitanti del centro storico siano migrati al di fuori della cerchia muraria”.\r\n\r\n \r\n\r\nTiziana Mancinelli\r\n\r\n \r\n\r\n(In foto Rafaela Saraconi)

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.