Home Politica Centro storico, tra locali e residenti: l’assessora Mancini infilata nel labirinto del Minotauro?
Centro storico, tra locali e residenti: l’assessora Mancini infilata nel labirinto del Minotauro?

Centro storico, tra locali e residenti: l’assessora Mancini infilata nel labirinto del Minotauro?

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Viterbo – Quando si imbocca una strada senza sapere dove andare a parare, le conseguenze non sono mai positive. Non è stato il caso dell’amministrazione Arena che, quando ha deciso di mettere mano alla mala movida a San Pellegrino, su iniziativa e guida dell’assessora Alessia Mancini (Fondazione), probabilmente aveva ben in mente l’obiettivo: regole, decoro, qualità della vita, riqualificazione e rilancio del centro storico. Tutto bello, tutto giusto. Ma più facile a dirsi che a farsi. Questo, però, spesso è noto solo a posteriori. Pure se amministratori accorti e di esperienza lo mettono sempre nei loro bilanci. Perché gestire una città non è propriamente come fare un compitino in classe. Non sempre la formula giusta, dà il giusto risultato. Con “questo” Piano del Commercio, lodevole iniziativa a carattere strategico, pare che l’amministrazione di centrodestra si sia imbarcata in un viaggio scegliendo la destinazione su una bella cartolina patinata, per poi scoprire, una volta giunti sul posto, che la realtà è un po’ diversa. E, dunque, era proprio necessario imporre il coprifuoco a mezza città per mettere, giustamente  la parola fine alla mala movida  del quartiere San Pellegrino? Siamo sicuri che per arrivare a quella destinazione di “regole, decoro, qualità della vita, valorizzazione del centro storico” non si poteva partire da qualche altra parte? Come, ad esempio, togliere le deroghe a chi “effettivamente” provocava disagio, e lasciare lavorare chi non dà noia a nessuno? Veramente non si poteva fare? Non c’era una strada per farlo? E, inoltre, non era forse il caso di incentivare i controlli sulla città anche di notte, anziché ridurla a un deserto, dove non solo non si ha certezza di avere cancellato il vandalismo prodotto dalla mala movida, ma si prepara il terreno per il proliferare nel buio e nello spopolamento generale di ben altri reati di natura predatoria? E chi vieterebbe a gruppi di ragazzotti scalmanati di ubriacarsi altrove e andare a fare i danni  in un centro sprovvisto non solo del controllo della municipale, a corto di organico, ma anche di quello sociale assicurato dai locali aperti? Tutte questioni che, per ora, restano sul tappeto, pure con i locali chiusi qualche ora prima. Come l’incuria, la sporcizia, la cultura spicciola e transitoria di piazza, le strade dissestate, i negozi chiusi, stavolta in maniera definitiva, che si incontrano di giorno in un centro storico privato di ogni attrattiva da anni di politiche sbagliate o assenti? C’è da augurarsi che il percorso inaugurato con il varo del nuovo Piano del Commercio abbia una prospettiva così ampia da includere la risoluzione di tutti questi aspetti, perché se così non fosse, quello di limitare gli orari di apertura notturna ai locali di un’intera città, sarebbe solo un palliativo capace di fare più danni che altro. E tra qualche anno si racconterà di ciò, come l’ultimo colpo inflitto al centro storico. Una miope azione di rivalsa per un degrado che, tra i suoi fattori, non conta solo la mala movida.  Speriamo non sia così. Speriamo che dopo aver cambiato il volto notturno della città, si proceda con lo stesso “accanimento” a  modificare anche quello diurno, in modo da offrire a quelli che ora stanno sostenendo il “costo” di chiusure anticipate, nuove possibilità di investimento. Magari tra 10 anni, o forse meno, la città ringrazierà l’assessorato guidato dalla Mancini per quello che ha fatto. Le grandi azioni, spesso, si riconoscono solo a posteriori. Soprattutto se si avrà il coraggio di applicare il Piano del Commercio fino in fondo, compresi gli incentivi, e includendo altre dimensioni come quella urbanistica, sociale e culturale, senza fermarsi alla limitazione degli orari dei locali.  Del resto, già alla sua approvazione in consiglio comunale, il Piano del Commercio aveva ricevuto un cauto consenso da parte della Lega, per esempio, partito di maggioranza, che lo aveva definito un intervento  “parziale”, mentre Martina Minchella, all’epoca in opposizione con il Pd, ma oggi a tutti gli effetti in maggioranza nelle file di Fratelli d’Italia, parlò di un “piccolo proibizionismo in centro storico“. Chissà se la Minchella la pensa ancora così. Chi ha le idee chiare sono invece, i destinatari delle politiche comunali. Da un lato i gestori dei locali, collaborativi, ma che, a microfoni spenti, e nemmeno tanto, lamentano un calo del lavoro. Di oggi lo sfogo al quotidiano Tusciaweb del gestore dello Chic che parla di “proibizionismo e locali in ginocchio” con le limitazioni alle ore di attività arrivate anche fuori le mura.  Dall’altro i residenti di San Pellegrino, collaborativi, pure loro,  che sulla pagina Facebook dicono: “Il direttivo del Comitato di quartiere San Pellegrino ribadisce che la sua posizione rimane ancorata alle misure e alle limitazioni stabilite nella zona di tutela speciale dal Piano del commercio, approvato dal consiglio comunale e tutt’ora in vigore. Prendiamo atto delle modifiche in deroga al Piano del commercio previste dal protocollo, peraltro attuato in via sperimentale, al quale non abbiamo dato il nostro sostegno”. Insomma nessuno fa i salti di gioia né da una parte e né dall’altra. E, questo, in una trattativa tra interessi contrapposti ci sta pure. La differenza la fa la “misura”.  Ma comunque la si voglia vedere, alla fine della giostra, a dare il verdetto sarà una semplice equazione: azione/risultato. Detto in gergo più “imprenditoriale” e inusuale per chi lavora nel pubblico: costi/benefici. Quante attività saranno rimaste aperte, quante avranno chiuso, quante ne saranno arrivate di nuove. Quanti nuovi residenti avrà il centro storico, o quanti in meno. Numeri. Verdetti. Gli unici che contano. Solo parametri oggettivi, quelli con cui si valutano le politiche anche pubbliche, anche se poco masticati, a volte, dagli amministratori pubblici, ma molto dagli imprenditori. Questi saranno i “numeri” che daranno torto o ragione alla strada intrapresa. Non il gusto personale. Non le opinioni. Non le teorie. Non la politica autoreferenziale, che non interessa più a nessuno e non produce alcun consenso. Quest’ultimo sì, è un numero con cui la politica dovrà necessariamente fare i conti. 

 

Tiziana Mancinelli

mancinellitiziana@gmail.com

 

Redazione Viterbo Direttore responsabile Quinta Epoca. Economista, giornalista e scrittrice.